Le cause del disservizio sono imputabili a:
-carenze strutturali (competenza inadeguata, struttura o strumentazione o personale carente o inefficiente),
-omessa o errata diagnosi (errore medico, diagnosi sbagliata, non conforme al caso, frettolosa, priva di adeguate indagini, tardiva),
-errori pratici in operazioni o cure (trattamenti che peggiorano la situazione del paziente, a volte in modo irreversibile: vd. intervento su organo sano…).
I casi oggi sono sempre più frequenti, anche per le non ideali condizioni di lavoro in cui spesso sono costretti i medici e gli altri operatori sanitari; sicché molti professionisti – a scanso di equivoci e conseguenze sul piano personale – hanno iniziato ad attenersi scrupolosamente (talvolta in modo esagerato) alle linee guida (quasi “panacea” d’ogni evenienza) e praticare, così, la cd. medicina difensiva, ovvero informando la loro attività, in concreto, alla difesa – preventiva – da possibili cause si malasanità (con evidente rimodulazione al ribasso delle prestazioni sanitarie offerte, sempre più standardizzate e poco idonee o non rispondenti ai reali bisogni dei pazienti)…
La nota Legge Gelli – Bianco, in proposito (L. n. 24 dell’8.03.2017) – introdotta anche al fine di correggere talune criticità della previgente, benché recente disciplina (Legge Balduzzi, n. 189 dell’8.11.2012) –, si è prefissata del pari di ovviare a tale imperante tendenza, sgravando il medico (persona fisica, NON la struttura ospedaliera) di varie responsabilità; la sua, innanzi tutto (art. 7, L. Gelli), rientra nell’ambito della responsabilità extracontrattuale – a meno che non abbia un contratto d’opera direttamente con il paziente –, sicché sarà obbligato a ristorare il danneggiato solo nel caso in cui sia provato ogni elemento costitutivo del cd. illecito aquiliano (ossia, in altri termini, l’onere della prova ricade ex-art. 2043, C. civ., sul paziente/ reclamante). La responsabilità della struttura sanitaria, pubblica o privata, rimane invece di tipo contrattuale (art. 1218, C. civ.), dunque invocabile in modo molto più favorevole al paziente/ danneggiato.
Si è ritenuto di operare su tre fronti generali, con l’obiettivo di attuare definitivamente un sistema risarcitorio più completo ed efficace:
° In materia amministrativa è sorta – tra l’altro – la figura del Garante del diritto alla salute (art. 2), che potrà essere interpellato gratuitamente dai destinatari delle prestazioni sanitarie per eventuali segnalazioni anche anonime di disfunzioni del sistema sanitario e sociosanitario;
° In materia penale si delinea la responsabilità penale degli esercenti la professione sanitaria (art. 5), stabilendo che essi debbano attenersi alle buone pratiche clinico-assistenziali raccomandate dalle linee guida, regolate da Decreto ministeriale ed inserite nel Sistema nazionale per le linee guida; si è curato di sgombrare il campo da frequenti equivoci nell’applicazione della previgente disciplina (abrogazione dell’art. 3 della precedente L. Balduzzi, sì) inserendo l’art. 590-sexies, C. pen. “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”, che esclude ogni riferimento al concetto di colpa grave, mentre tiene fermo il rispetto delle linee guida e buone pratiche;
° In materia civile si è detto (art. 7) della partizione delle responsabilità tra ente ospedaliero (contrattuale) e medico (extracontrattuale, sempre che non abbia in essere un’intesa contrattuale con il paziente); viene introdotta anche (art. 8) l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione tra l’ente osp., l’assicurazione ed il soggetto danneggiato, nonché della copertura assicurativa dell’attività medico-sanitaria (anche per il singolo professionista laddove svolga l’opera al di fuori delle strutture pubbliche o private).