Nel 1925, la Società delle Nazioni promulgò la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, la quale prevedeva che il minore dovesse essere messo in grado di svilupparsi dal punto di vista materiale e spirituale; si affermava il diritto del minore ad essere nutrito, curato, stimolato, recuperato e soccorso in caso di bisogno; il diritto di essere protetto contro ogni sfruttamento.
Nel 1948, l’Assemblea Generale dell’ONU promulgò la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” (anche in materia di protezione dell’infanzia), sancendo il diritto di ogni persona ad una educazione diretta a promuoverne il pieno sviluppo. Nel 1959, venne approvata dall’ONU la “Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo”, che conteneva l’affermazione di alcuni importantissimi principi, tra i quali il diritto del fanciullo di godere di una speciale protezione e di facilitazioni, in modo da essere in grado di crescere sano sul piano fisico, intellettuale e morale, spirituale e sociale, in condizioni di libertà e dignità; veniva altresì sancito il diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate. Particolarmente significativa è l’affermazione secondo la quale il bambino ha diritto a crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in un’atmosfera di affetto e sicurezza materiale e morale.
I principi affermati dalle Dichiarazioni promulgate dall’ONU hanno senza dubbio valenza giuridica anche all’interno dei singoli Stati; in particolare, la Costituzione italiana stabilisce, all’art. 10, comma 1, che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” (principio ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale del 23 novembre 1967, n. 120).
Successivamente, nel 1989 veniva approvata la Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, ratificata in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176; essa oltre a contenere una serie di affermazioni di principio, impone agli Stati membri di attivarsi concretamente affinché al minore venga data un’assistenza effettiva che tenga conto della sua condizione di debolezza.
I diritti più importanti sanciti dalla Convenzione del 1989 sono:
il diritto innato alla vita;
il diritto al nome;
il diritto a conservare l’identità, la nazionalità, il nome e le relazioni familiari;
il diritto a non essere separato dai genitori, salvo che tale separazione sia nell’interesse superiore del minore;
il diritto a formarsi una propria opinione, alla libertà di espressione, alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione;
il diritto all’educazione ed all’istruzione;
il diritto al riposo, allo svago ed al gioco;
il diritto ad essere protetto contro lo sfruttamento economico da da qualsiasi tipo di lavoro rischioso;
il diritto ad essere protetto contro ogni forma di sfruttamento sessuale o violenza sessuale;
il diritto a non essere sottoposto a tortura o a trattamenti e punizioni crudeli, inumani o degradanti;
il diritto a non partecipare a conflitti armati.
Sotto il profilo del diritto interno la Costituzione italiana si occupa dei diritti dei minori sia all’art. 2 che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’individuo, sia all’art. 30 che prescrive il dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, sia all’art. 31 che protegge la maternità e l’infanzia. Il sistema giuridico penale prevede poi una serie di norme che contemplano figure di reato che possono essere commessi solo a danno dei minori (o comunque a danno di soggetti posti in una situazione di difficoltà e debolezza) quali ad esempio l’abuso di mezzi di correzione e disciplina, la sottrazione di persone incapaci, la violazione degli obblighi di assistenza familiare. A tale proposito, la Corte di Cassazione con sentenza n. 41142 del 2010, in materia di maltrattamenti in famiglia, ha stabilito che per la sussistenza del reato è sufficiente l’esistenza di un “clima generalmente instaurato all’interno di una comunità, come conseguenza di atti di sopraffazione”.
Sotto il profilo giuridico-civilistico innumerevoli sono le norme che sono state concepite e dettate in modo specifico per la tutela dei minori; l’intero ordinamento civilistico è improntato al principio del “favor minoris”, basti pensare alla disciplina dell’affidamento dei figli minori in caso di crisi della coppia, il regime dell’assegnazione della casa familiare al genitore presso il quale i figli minori vivono prevalentemente, il diritto del minore ad intrattenere rapporti con gli ascendenti etc.